Dojo Kun - A.S.D. RONIN KAI TUSCANIA

aggiornato al 12/04/2023
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ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA
RONIN KAI
KARATE SHOTOKAN TUSCANIA
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Storia > Dojo Kun
Nei 5 precetti  del DOJO KUN c'è l'essenza di un   insegnamento che vede il Karate come  qualcosa di più che un semplice   allenamento del corpo o un semplice  sport da competizione


 
I 5 PRECETTI DEL DOJO KUN

1—Hitotsu. Jinkaku Kansei ni Tsutomuru Koto.
      (il Karate è Via per migliorare il Carattere)
2—Hitotsu. Makoto no Michi o Mamoru Koto.
               (il Karate è Via di Sincerità)
3—Hitotsu. Doryoku no Seishin o Yashinau Koto.
            (Rafforza Instancabilmente lo Spirito)
4—Hitotsu. Reigi o Omonzuru Koto.
           (il Karate è Via di Rispetto Universale)
5—Hitotsu. Kekki no Yu o Imashimuru Koto.
 ( Astieniti dalla Violenza ed acquisisci l'Autocontrollo)


Dojo kun tradotto letteralmente significa:
le regole del luogo dove si segue la Via.
Le cinque regole in giapponese sono:
一、人格完成に努むること
        hitotsu, jinkaku kansei ni tsutomuru koto
一、誠の道を守ること
        hitotsu, makoto no michi wo mamoru koto

一、努力の精神を養うこと
       hitotsu, doryōku no seishin wo yashinau koto

一、礼儀を重んずること
        hitotsu, reigi wo omonzuru koto

一、血気の勇を戒むること
       hitotsu, kekki no yū wo imashimuru koto
  • (il Karate è Via per migliorare il Carattere).
Questa prima regola sottolinea l'importanza dell'equilibrio nell'uomo. L'esercizio marziale  non coinvolge esclusivamente il corpo: il praticante deve osservare con  spirito critico in tutte le situazioni quotidiane che ostacolano il  perfezionamento di se stesso e deve affrontare le asperità interiori con  lo stesso vigore con cui intraprende l'esercizio fisico che gli  consente di affrontare le difficoltà esterne, lo spirito vigile e  analitico deve guidarlo in tutte le situazioni della vita: confusione,  pregiudizio, presunzione, egoismo,  sopravvalutazione di se stessi, ingiustizia, autocommiserazione e  sentimenti incontrollati ostacolano il progresso sulla Via. Imparare a  gestire la propria interiorità, al contrario, aiuta a raggiungere  l'equilibrio e a vivere un'esperienza enormemente appagante, se per  altro l'allenamento fisico, con l'avanzare degli anni, conosce  necessariamente delle limitazioni, lo spirito, invece, deve e può essere  perfezionato fino alla morte.
  • (il Karate è Via di Sincerità).
Questa regola si esprime nella condotta di vita dell'uomo e nella  disponibilità a riconoscere il giusto rapporto tra se stessi e ciò che  si ha attorno, presupposto fondamentale per costruire giuste e rette  relazioni con le altre persone. Un rapporto proficuo si instaura solo se  l'individuo è capace di contemperare le proprie pretese personali con  la dedizione e l'apertura verso gli altri, se questo equilibrio viene  messo a repentaglio da un comportamento egoistico o superficiale, la  comunicazione è soffocata; laddove si pretende più di quanto si dà o si  avallano pretese superiori a quanto si è disposti a corrispondere o si  promette molto e si mantiene poco, si suscita l'indignazione di quanti  si trovano a dover compensare lo squilibrio insorto con un sacrificio  superiore al giusto. L'equilibrio tra la pretesa e la disponibilità è il  fondamento dello spirito del budo: solo nella verità l'uomo è libero, la pratica di questo principio rende consapevoli, umili e giusti.
  • (Rafforza Instancabilmente lo Spirito).
Questa regola si riferisce alla realizzazione dell'uomo in relazione  ai suoi obiettivi di vita, essa è intimamente connessa ai primi due  principi in quanto qualsiasi obiettivo richiede un'analisi approfondita e  matura; il progresso, nel budo, può essere conseguito solo attraverso  regolarità e costanza nell'esercizio. Le arti marziali possono essere  apprese solo con l'autodisciplina, la costanza e la perseveranza, la  disciplina è la base di ogni progresso. Se tale regola non viene  rispettata dagli allievi, qualsiasi sforzo di miglioramento è vano.
Si frequenta un dōjō  perché si ha uno scopo, ma bisogna assumere la giusta condotta,  l'ambizione di nuovi obiettivi, in sé e per sé, non è una forza  positiva, lo diventa solo se associata ad un comportamento maturo, al  senso della misura e alla conoscenza.
  • (il Karate è Via di Rispetto Universale).
Questa regola si riferisce alle norme comportamentali che vanno  conservate se si vuol capire gli altri ed essere accettati. La giusta  condotta rende l'individuo degno di fede, aperto e semplice, rende  possibile la comunicazione con gli altri e contribuisce a mantenere  l'armonia nelle relazioni interpersonali. L'etichetta consiste nella  forma comportamentale attraverso la quale una persona comunica ad  un'altra di essere disponibile ad un contatto aperto; senza le buone  maniere la franchezza si tramuta in grossolanità, il coraggio in  rifiuto, l'umiltà in sottomissione, il rispetto in servilismo e la cautela in timore: l'etichetta provvede a mantenere la pace e l'armonia tra le persone.
Nelle arti marziali l'etichetta trova espressione nei principi enunciati da Funakoshi: Senza cortesia viene meno il valore del karate e il karate inizia col saluto e finisce col saluto.
Egli definì cortesia e rispetto le basi di ogni educazione ed il saluto  il loro simbolo più importante. A livello avanzato tutti conoscono  l'importanza del saluto; i praticanti che lo oltraggiano con la propria  negligenza si dimostrano immodesti, egoisti e incapaci di adattamento:  il modo in cui si effettua il saluto è specchio di sé, i modi sbagliati  non sono sempre voluti, rappresentano solitamente una reazione naturale  di protezione e timidezza, una maschera. Per questo nelle arti marziali  l'etichetta non è solo forma, ma vera e propria via per la ricerca della  verità interiore, poiché la pratica impone che la persona osservi e  valuti correttamente il proprio comportamento nei confronti degli altri e  di sé stesso.
  • ( Astieniti dalla Violenza ed acquisisci l'Autocontrollo).
Questo principio coinvolge la condotta che porta alla formazione di  un carattere degno dell'essere umano ed alla sua convivenza con gli  altri. Nel mondo animale i modelli comportamentali sono istintivi e  servono proprio alla conservazione della specie, l'uomo può forgiare  tali modelli grazie al proprio intelletto  ed alla propria conoscenza, controllando la misura delle proprie  azioni. L'elaborazione di questo concetto porta alla rinuncia della  violenza fisica ed allo stesso tempo definisce tutte le forme di ricorso  alla violenza quali indegne dell'uomo.
Nel budo, e in particolare nel karate, si ricercano l'autocontrollo e la  gestione del comportamento; se i praticanti di livello avanzato, capaci  di arrecare ferite gravi, impiegassero le proprie capacità come  strumenti di supremazia nei confronti delle altre persone,  costituirebbero un pericolo per la società e sarebbero sostanzialmente  indegni come individui. Quando Funakoshi dice: nel karate non c'è chi attacca per primo  intende dire che l'uomo in quanto essere dotato di intelletto ha la  capacità di trovare le vie della non violenza se affronta le situazioni  controllando il proprio io. Il karate è un'arte di autoperfezionamento  e, per raggiungere questo obiettivo, è necessario comprendere a fondo  tale principio. La soluzione violenta dei problemi interpersonali è  esecrabile e non consente una convivenza serena. L'esperienza secolare  mostra che, per eccellere nelle arti marziali, il dōjō kun deve  accompagnare la preparazione dei praticanti, indipendentemente dal  livello, essi devono sottoporre il loro comportamento a regolari  raffronti con il dōjō kun, che è un parametro di apprendimento nel corso  dell'allenamento ma anche uno specchio dell'atteggiamento del singolo  in relazione alla comunità. Il dōjō kun riflette la proporzione tra  giusto e sbagliato nel comportamento personale, instaura l'equilibrio  tra dare e avere ed impone il giusto rapporto tra pretesa e  disponibilità.
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